Ero in quarta superiore e non ricordo come maturò la decisione di quel viaggio, nè come venni a sapere che esisteva un biglietto di treno che ti permetteva di girare per un mese sui treni di tutta Europa.
Fatto sta che nonostante le mie uniche esperienze fuori confine fossero le scappatelle nella Svizzera italiana (che essendo a mezzora di treno dalla Stazione Centrale, che era a 5 minuti a piedi da casa mia, risultava più accessibile che attraversare Milano in bus), e la indimenticabile gita scolastica ad Amsterdam, nella quale ci ammazzammo tutti di droghe al punto che il primo giorno stabilii il record personale mai più battuto di 20 canne e 6 cylum, l’Europa mi chiamava.
Ricordo che lavorai tutto giugno e luglio per guadagnare qualcosa più del milione e mezzo di lire che mi costò il mese a zonzo per le principali città europee.
Dopo la prima interlocutoria fermata a Ginevra, il primo momento memorabile fu a Monaco di Baviera, dove mio nonno materno si era trasferito prima che nascessi e che conobbi così per la prima volta.
Parigi fu il posto che mi piacque di più.
Passato lo shock di uscire dalla fermata del metro di Repubblique e trovarmi circondato di negri (nell’Italia del 1988 gli unici immigranti erano i terroni che dal sud venivano al nord) (sicuramente era anche pieno di froci ebrei) (non sono razzista, sono figlio di terroni e sto cercando di fare maldestra ironia verso chi lo è) passai quattro giorni meravigliosi tra il cimitero di Perè Lachaise e gli Champs Elysees.
Subito dopo Parigi andai a Bordeaux dove incontrai uno studente padovano di psicologia, che mi cambiò la vita. Al tempo infatti ero deciso a studiare psicologia all’Università e la chiacchierata con quel ragazzo, che me la descrisse come una facoltà tecnica e noiosa, mi fece cambiare idea.
A Barcellona il viaggio raggiunse il culmine: appena messo piede sulle ramblas fui abbordato da una ragazza olandese con la quale mi scambiai il mio primo bacio esotico. La accompagnai al treno, lei in partenza per Alicante dove l’aspettava un anno come baby sitter, io le promisi che l’avrei raggiunta in 3-4 giorni, il tempo di vedere Madrid.
A Madrid però, domenica 12 agosto era come Milano: caldo infernale e tutti in vacanza. Una città di fantasmi. Andai al Parque del Retiro a stendermi al sole, mi addormentai e mi rubarono il marsupio con un po’ di soldi, il mio passaporto e il contatto dell’olandesina.
Tempo di andare all’ambasciata e ottenere un passaporto provvisorio e andai comunque ad Alicante il giorno di ferragosto. Magari mi viene a cercare lei nell’ostello pensai. Peccato che l’ostello era chiuso per lavori e ancora peggio appena sceso dal treno mi rubarono una borsa con tutti i regali che avevo comprato per amici e parenti durante il viaggio. Oltre duecentomilalire in regali, svaniti in un secondo di distrazione.
In tre giorni ero passato dal paradiso all’inferno. Passai il ferragosto sdraiato in spiaggia pensando a quanto ero pirla e quando odiavo la Spagna. Il giorno dopo mi feci una ventina d’ore filate di treno per arrivare a Nizza, dove passai gli ultimi due giorni di viaggio, prima di tornare tristemente a Milano. Nonostante il triste finale, col passare dei giorni mi resi conto di quanto avevo imparato in quel viaggio.
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