Lo stato del giornalismo in ItaliaLo stato del giornalismo in Italia, tra l’esercito di precari e la casta di chi ha grandi responsabilità sul declino dell’Italia. Solo il data journalism ci può salvare. 

Ancora per quest’anno sono ufficialmente un giornalista professionista. Anche se non esercito ufficialmente dal decennio scorso. Però continuo a pagare da anni più di 100€ annuali per mantenere un tesserino da giornalista. Tesserino che avrò usato l’ultima volta, per ottenere vantaggi tipo un ingresso scontato in qualche Museo, forse dieci anni fa.

Burocrazia giornalistica kafkiana

Non solo sto pagando da più di un anno quasi 100€ al mese per un un versamento di contributi pensionistici annuali che feci regolarmente alla cassa dei giornalisti nell’Ottobre 2006.  Versamento che rimase bloccato sul loro conto per oltre tre anni prima di tornare indietro senza ragione nè spiegazione. E alla mia immediata richiesta di istruzioni alla Casagit via mail (d’altronde ero da qualche parte in America Latina o Asia, telefonare per stare mezzora in attesa al centralino non era molto comoda), non arrivò nessuna risposta.

Fino a quando un paio d’anni dopo, mi arrivò una lettera da Equitalia. E i 3.000€ che regolarmente versai nel frattempo erano già diventati 4.000€ per interessi e more di cui non sono minimamente responsabile. Infatti la Casagit mi ha già riconosciuto via mail (hanno imparato ad usarle!) lo sconto. Parziale ovviamente, perchè per loro bastava l’estratto conto annuale che mi inviavano come invito a regolarizzare la mia posizione. Poco importa che non ci fossero istruzioni sul come…

Ho chiesto assistenza all’Ordine dei Giornalisti della Lombradia e mi è stato risposto che mi devo cercare un Avvocato a Roma, che non è di loro competenza. In altre parole, sono czzi miei. Ho chiesto quindi la rateizzazione del rimborso, visto che sono disoccupato e finora ho pagato regolarmente la mia rata mensile di quasi 100€.

Lo stato del giornalismo in Italia

Nel frattempo però questi contributi a un ente previdenziale, al tempo della mia iscrizione erano sufficienti 5 anni di versamenti per ottenere una pensione (si uno scandalo da casta), ma nel frattempo hanno portato i contributi minimi a 20 anni.

Io ne ho versati 7, forse 8 con questo in sospeso, e non ho nessuna ragionevole possibilità di versare altri 13 anni di contributi.. senza considerare che ci sono altissime probabilità che questa cassa dichiarerà fallimento prima che arrivi all’età pensionabile… quindi che pago a fare?

Tutta questa burocrazia però non ha ucciso la passione, tant’è che da qualche giorno mi sono messo a studiare Data Journalism.

Però appena tornato in Italia, mi è toccato reimmergermi nella mediocrità a 360 gradi del giornalismo italiano. E in un giorno ho visto due cose che mi hanno fatto salire il sangue alla testa.

Palombelli, Regeni e gli Stati Generali

Prima mi sono imbattuto in questo articolo su Gli Stati Generali di Francesco Mazza, che se la prende a ragione con Barbara Palombelli. La quale a sua volta se l’era presa con i giornalisti giovani (intendendo con giovani gli under 40, che sarebbero considerati vecchi altrove), secondo lei privi del coraggio di scrivere la verità.

Leggitelo bene questo articolo, perchè è il tipico esempio di un lavoro ostracizzato dalla casta e osannato all’estero. D’altronde giova ripetere che l’Italia è al 77° posto al mondo per la libertà di stampa.

L’attentato di Barcellona

La sera stessa poi c’è stato l’attentato di Barcellona. L’ho saputo da un vicino di casa che parlava al telefono seduto sul balcone. Ho acceso la Tv e per una decina di minuti ho seguito un dibattito su Rai 1.

Il programma era La Vita in Diretta e la conduttrice, tale Benedetta Rinaldi, forse per ravvivare un dibattito particolarmente moscio, o forse solo perchè è una ignorante, s..dimmelo tu cos’è, se nè è uscita con una frase del tipo “io i miei figli non li mando a studiare in Spagna, che è pericolosa”.

Si, sono frasi tipiche della vecchia che passa le giornate agli Istituti Clinici di Perfezionamento, che chiama gli impiegati “mangiapane a tradimento”, gli immigrati che ci “rubano il lavoro” e minchiate varie.

Ma sono ammissibili in bocca a una giornalista del Servizio Pubblico, alle otto di sera?

E per tutti gli altri in preda alla psicosi emotiva, un paio di dati oggettivi.

Morti per terrorismo in Europa

Questo è il conto dei morti per terrorismo in Europa aggiornato a Maggio 2017:

Sono 352 i morti per gli attentati di matrice islamica in Europa a partire dal 2010, da quando il terrorismo è diventato una strategia di destabilizzazione e di guerra anche nel Vecchio continente. Se a questi si sommano i morti degli attentati di Madrid e Londra, rivendicati da Al Qaeda, nel 2004 e 2005, le vittime salgono a 598.

Di questi morti, in Spagna, tra i 192 morti dell’attentato alla stazione di Atocha a Madrid dell’11 marzo 2004 e i 14 dell’ultimo a Barcellona, NESSUNO!

Morti per incidenti stradali

Prendiamo le statistiche ISTAT coi dati del 2016 e del 2015 per morti di incidenti stradali in Italia:

Nel 2016 si sono verificati in Italia 175.791 incidenti stradali con lesioni a persone che hanno provocato 3.283 vittime (morti entro il 30° giorno) e 249.175 feriti.

Nel 2015 si sono verificati in Italia 173.892 incidenti stradali con lesioni a persone, che hanno provocato 3.419 vittime (morti entro il 30° giorno) e 246.050 feriti.

Come la mettiamo, Benedetta Rinaldi, non mandi più tuo figlio ad attraversare la strada?

Data Journalism

Quindi facciamo un facile grafico con i morti per terrorismo e sulle strade per le persone che hanno paura del terrorismo e per Benedetta Rinaldi, pagata chissà quante migliaia di euro al mese per fare servizio pubblico.

Nota bene che 20.000 è un valore approssimato per difetto, visto che erano più di 4.000 nel 2.010.

Nota bene due, dividendo i morti tra pedoni, ciclisti, motociclisti, auto, mezzi più pesanti. Ogni categoria ha molte più fatalità annuali dei morti per terrorismo in tutta Europa.

E se contassimo il numero di incidenti anzichè i morti, il divario crescerebbe in modo esponenziale.

Insomma statisticamente la probabilità di morire per un attacco terroristico è infinitesima rispetto a quella ogni volta si va in strada, con qualsiasi mezzo.

Insomma tutto questo, per arrivare al punto che non ha più senso per me pagare l’iscrizione a un albo, che da anni non mi dà nessun vantaggio e solo spese crescenti. Che in futuro saranno sempre più crescenti. E soprattutto fatto per la maggior parte da “professionisti” e persone con le quali non mi riconosco.

Fonti di approfondimento

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/30/un-italiano-su-550-e-giornalista-iscritto-allordine-lo-riformiamo/579213/

http://www.lsdi.it/assets/Professione2013-Rapporto-definitivo-2dic.pdf

http://www.odg.it/content/poteri-connessi-con-lo-status-di-giornalista