Le saline di Manaure le ho viste solo in foto



14.50: Mi risveglio. Mi riaddormento. Cerco di aprire gli occhi, ma sono troppo stanco. Sento l’effetto dell’abbronzatura, sento che dovrei idratarmi e che dovrei evitare ulteriore esposizione a sole e vento. Sento che però un’altra oretta me la posso concedere.

15.30: Dopo una dura lotta riesco ad alzarmi dal letto e mi incammino per tornare in spiaggia, ma appena arrivo al litorale, quando vedo che la mia postazione mattutina è molto più lontana di quel che ricordavo, e il sole è temporaneamente nascosto sotto un nuvolone che a occhio e croce non se ne andrà prima di mezzora, decido che per oggi ne ho avuto abbastanza.

15.31: La gola mi arde e mi viene in soccorso un simpatico paisa (si esistono anche paisa simpatici, almeno quando devono vendere) che offre bicchieri di succo di maracuja a 500 pesos. Ne bevo due di filato.

15.43: Finalmente internet! Due giorni e mezzo senza mi avevano mandato in crisi di astinenza. E’ bello anche avere un po’ d’aria condizionata, perchè i 10 minuti di camminata per arrivarci mi hanno già fatto finire l’effetto del succo di maracujà. Per cui oltre que a “una maquina”, ordino due buste d’acqua da 350ml.

17.20: Di nuovo in hotel. E’ tempo di farmi la doccia. Ci sono due modi per farsi la doccia all’Unuuipa: il primo è tirandosi acqua addosso dal secchio, come ho fatto a Cabo de la Vela. Il secondo è con la signora Briasco che mi presta la canna per innaffiare il giardino, lunga abbastanza per arrivare nella mia stanza. Scelgo il secondo e i miei capelli, che non li lavavo con lo shampo da 4 giorni ed erano diventati “serpenti neri di medusa Marley”, tornano finalmente ad un aspetto presentabile.

18.18: E’ il momento di mangiare il riso con gamberetti della signora Rita, che me lo serve con gli immancabili patacones, le banane fritte. Il riso sembra quei risotti cinesi riscaldati così tante volte che è impossibile distinguere un sapore, ma ho una fame tale che spazzolo il piatto e spero in una offerta di bis che arriva puntuale. Va detto a onore della signora Rita, che la chicha wayuna, bella fresca, è forse la miglior chicha che abbia mai bevuto. Non che ci volesse molto, ma in una giornata così dove l’imperativo è rimanere idratati, signora chichera, vendeme esta chicha, por favor!

18.40: Torno in stanza a buttar giù gli appunti di questo diario. Per un attimo mi distrae il passaggio di uno scarafaggio che non so dove vada a nascondersi. Spero solo di non rivederlo, o meglio risentirlo, stanotte passeggiare sul mio letto, come mi è capitato più di una volta nel sud est asiatico.

19.40: Ancor più lunga dell’astinenza da internet è stata l’astinenza da cesso. Dopo tre giorni e mezzo senza, esce una cagata normale, un po’ duretta, si vede che non sto prendendo più yogurt o kumis a colazione.

20.00: Mi si chiudono gli occhi dal sonno, per cui vado a comprare l’acqua per lavarmi i denti e per averla da bere per la notte, visto che, stranamente, ho una sete della madonna. Al negozietto di fronte all’hotel la borsa di plastica da 600ml costa solo 200 pesos! Peccato gliene sia rimasta solo una in frigo, per cui mi tocca camminare ancora un po’ per fare ulteriore scorta.
La vita di Manaure mi ricorda quella di Granada in Nicaragua. Fuori da ogni casa c’è gente seduta fuori dalla porta di casa a chiacchierare. C’è una rilevante presenza di donne attraenti, anche se più di una sfoggia con nonchalance degli enormi bigodini in testa, come quelli che aveva la sciura Rita al nostro primo incontro, che farebbero apparire ridicola più che arrapante, anche Catherine Zeta Jones. Ne ho contate almeno 5 con questi bigodinidoni enormi.

20.40: Finita la passeggiata, mi rimetto in stanza a scrivere, lottando con la stanchezza.

22:00: Sfinito, spengo il computer, la luce, metto il ventilatore al minimo perchè faccia poco rumore e non mi raffreddi troppo, e mi butto a letto. Nonostante il caldo, in pochi minuti sono già nel mondo dei sogni. Il mattino dopo mi toccherà il più spaventoso passaggio di frontiera che mi sia mai toccato, ma questa è un’altra storia.

Fine.
Seconda parte