Emilio, che doveva essere il mio appoggio, mi creò solamente problemi. Geloso del fatto che io stavo ottenendo la Visa in un paio di mesi mentre lui, tossicodipendente (ammetto di non essermene accorto durante il mese in cui avevo viaggiato con lui. Si, fumava un numero esagerato di canne, ma quello lo fanno tante persone che per il resto sono ben coscienti di ogni cosa che fanno), aveva perso quasi un anno, mi raccontava palle e creava ostacoli.
Nonostante ciò in due mesi mi ero fatto altri amici su cui potevo contare.
I motivi per cui decisi di andarmene da Pipa, il primo posto fuori dall’Italia dove ho provato a stabilirmi furono altri.
Il mio progetto era di comprare e vendere terreni ed eventualmente una pousada. Riguardo alla compravendita mi resi presto conto che si tratta di un negocio sucio, un ambito di affari dove si ricicla tanto denaro sporco e le fregature sono all’ordine del giorno. Cose del tipo vendere terreni sapendo che in un paio di mesi avrebbero bloccato le costruzioni o che in pochi anni l’erosione della marea se li sarebbe mangiati. Non faceva per me.
Quanto alla Pousada, i prezzi a Pipa erano già lievitati troppo e richiedevano un investimento fuori dalla mia portata.
Ancor più importante però fu constatare che Pipa è un posto fantastico dove passare una settimana di vacanze, con le splendide spiagge e la selvaggia vita notturna, ma presto ti stufa.
Nel paese gira molta droga e chi ci passa le stagioni sono in gran parte persone di questo tipo. La città più vicina, Natal, è a due ore d’auto e a parte le spiagge e tante puttane, offre poco.
Presi la decisione di andarmene da Pipa il giorno che, incazzato per l’ennesima fregatura di Emilio, volevo farmi una passeggiata e mi resi conto che a Pipa non c’è spiaggia o sentiero più lungo di 300 metri. In una parola mi era diventata claustrofobica.
Fu il primo di alcuni tentativi di stabilirmi all’estero, finora tutti falliti. Tutti, e soprattutto questo, però mi hanno insegnato tanto.
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