Il mattino dopo, come al solito, mi alzo ben più tardi di quello che ho programmato. Quando viaggi ai tropici devi alzarti presto se vuoi godere di un po’ d’ore di luce e soprattutto delle ore più fresche della giornata e riposarti quando il calore di mezzogiorno rende l’aria insopportabile.
Ma per quanto mi sforzi, solo l’obbligo di un mezzo di trasporto da prendere riesce a vincere la mia pigrizia e il piacere di stare a letto durante le ore più fresche della giornata, quando mi sembra di dormire con più gusto, anche se ammetto che per me, per dormire ogni momento è quello giusto.
Così sono costretto a pagarmi da solo il noleggio di un van per arrivare alle terme, perché alle 9 del mattino la gente che ci doveva andare c’è già andata. Sarebbe saggio, quivi giunto, farmi un giretto per vedere quello che c’è intorno prima di concedermi un bagno rigenerante, ma la voglia di concedermi subito un bagno rigenerante è tale che mi infilo subito nella vasca più grande, che è incredibilmente fredda!
E ci credo mi sono tuffato nella piscina di roccia, le terme sono la serie di vasche poco più avanti! Ok, sto ancora dormendo, le vere terme sono una ventina di vasche lunghe circa due metri e larghe uno, alimentate da due rubinetti regolabili: uno con l’acqua calda termale e uno con acqua fredda normale. In pratica è come avere una vasca da bagno personale, nella quale sarò immerso con piacere per quasi un’oretta, fino a quando i polpastrelli saranno diventati carta vetrata, tutt’intorno a me brulica di famiglie di locali in attesa di buttarsi in dieci nella mia vasca e mi sento rigenerato abbastanza per affrontare l’umidità del parco.
Uscito dalle terme faccio un passeggiata fino alla prima cascata, che come immaginavo non è un posto né da ammirare, né in cui rilassarsi. L’istinto mi dice che a quel prezzo è meglio evitare la passeggiata sul ponte di canapa sospeso in mezzo agli alberi e, dopo aver visto il gradevole giardino di farfalle, mi trovo ad avere esaurito già verso mezzogiorno le attrazioni di questa area del parco. Quindi esco in cerca di un posto per pranzare e di un trasporto per tornare a Kota Kinabalu.
Risolto il primo problema, è per puro caso, mentre passo infruttuosamente in rassegna i vari van parcheggiati fuori dall’ingresso delle terme, che vedo il cartello “Rafflesia blooming”.
La rafflesia è una pianta parassita che cresce interamente sottoterra, eccetto il suo fiore, che è il più grande del mondo. Il fiore impiega più di un anno per sbocciare, quando sboccia arriva fino a un oltre un metro di diametro, dieci chili di peso, emana odore di carne putrefatta, che attira gli insetti che trasportano il polline dai fiori femminili a quelli maschili, e dopo solo una settimana dalla sua fioritura, muore.
Aggiungiamo che, necessitando di un ecosistema molto complesso, per cui può essere fecondata solo da una certa specie di insetti, che a loro volta devono trovare una quantità sufficiente di carogne lasciate sul terreno dai predatori, e della regolare diffusioni di roditori che dopo la maturazione dei frutti diffondono il seme della pianta, è facile intuire che si tratta di una specie in via d’estinzione, visibile solo in alcune zone di Thailandia, Malesia e Sumatra e per pochi giorni l’anno non preventivabili.
E io avuto la fortuna di trovarmi nel momento giusto e sono momenti che non c’è Mastercard che tenga. Purtroppo il fiore era al suo primo giorno di maturazione e non ho potuto inalare il suo proverbiale olezzo, che si sprigiona solo a partire dal secondo giorno. Era grande già almeno ottanta centimetri, e seppure osservato a due metri di distanza perché non calpestassi il fragilissimo terreno nel quale la pianta mette le radici, è stata una vista spettacolare.
Era proprio la mia giornata fortunata, perché ad osservare il fiore con me è arrivato un pullmino di un tour organizzato con due ragazzi di Hong Kong, ai quali ho chiesto e ottenuto un passaggio fino a Kota Kinabalu, evitando di rimanere vittima del solito acquazzone pomeridiano.
1 pingback