Nel primo giorno post loop, oltre che a fare i conti con un ritorno di fiamma della diarrea e i postumi delle botte dell’incidente, Chiang Mai mi ha accolto con una giornata torrida, la prima di una settimana di calore asfissiante, con temperature massime sempre oltre i quaranta gradi. In queste condizioni dovevo arrendermi all’evidenza che il mio piano originario era andato definitivamente a puttane.

Il mio piano originario prevedeva una sola notte di sosta a Chiang Mai, dove avrebbe dovuto tenermi compagnia Noi, una ragazza thai conosciuta a Pai. Il giorno dopo avrei dovuto dare l’esame del corso di tecniche di massaggio con gomiti e ginocchia e quindi ripartire con Noi per la volta per la volta di Pai, dove avevo bloccato per un mese (al prezzo irrisorio di 120 euro) una casa artistica nel mezzo della valle a otto chilometri dal paese, senza letto, ma con l’imprescindibile connessione a internet e piena di finiture artistiche, inclusa la vasca in mosaici riempita d’acqua termale.

Insomma la mia anima vagabonda, dopo le due settimane di studio massaggi a Chiang Mai, il matrimonio di Tripluca in uno sperduto paesino vicino al ponte sul fiume Kwai, i giri a piedi tra le rovine dell’antica capitale di Sukohtai e quelli in moto per l’anello che passa per il parco di Doi Inthanon e i magici colli intorno a Mae Hong Soon, aveva trovato l’ispirazione per provare a fermarsi per un po’.

Ma con le fragili croste ad impedire l’uso di gomiti e ginocchia e quindi l’impossibilità di affinare con la pratica le mie talentuose mani di massaggiatore, il caldo insopportabile che sarebbe durato presumibilmente fino a maggio, inizio della stagione delle piogge, e ti faceva venire voglia di cercare rifugio nella brezza marina, nonché la necessità di recuperare le forze in un ambiente più comodo che non fosse quella isolata casa nella prateria, tutto questo era perduto. Previously is Lost e devo trovare un modo di uscire da questa maledetta isola, ehm intendo dire questa bolla spazio temporale di necessaria convalescenza.

Così ho dovuto telefonare al guaglione napoletano padrone della casa di Pai e dirgli che rinunciavo e pensare per il momento a null’altro che riprendere un minimo di condizione psicofisica, prima di decidere cosa fare e dove andare una volta recuperata una condizione decente. Sarà una lunga settimana di battaglia con il caldo, gli antibiotici che mi tolgono le forze ma non mi frenano le sciolte e lo spettro del Songkran a consigliare di allontanarmi poco dalla mia stanza, come se fossi sotto un costante coprifuoco.

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