Vagabonding around the World

Altro tiro, altro giro, altro regalo

altro tiro altro giro altro regalo Scappare dal caldo milanese alla quiete di Carenno, in compagnia di Quieto.

Ciascuno di noi si porta nel profondo le frasi che hanno segnato la sua giovinezza. E’ una grammatica dell’anima: ciò che ti smuove, che ti richiama alle armi con l’energia di un’emozione incapace di invecchiare. Per me, una di queste frasi è “Segna, subisce il fallo e andrà in lunetta col tiro libero sup-ple-men-ta-re! (Paolo Condò)

Per scappare dai giorni più caldi dell’estate più calda, ho portato mia madre a Carenno, 635mt sul livello del mare, 2km sopra Calolziocorte. Scelta della località e dell’albergo obbligata per chi abita a Milano e non ha soldi: vai su booking.com, inserisci località “Lago di Como”, ordina i risultati per prezzo a partire dal più economico e vai al primo che ti esce, sempre che non abbia un rating sotto il 6, che su questi siti non equivale a “(in)sufficiente”, ma a “disastro”.

L’Albergo Carenno non era niente male tra l’altro, anche se, come mi aspettavo l’età media degli avventori era ottuagenaria e, come temevo, anche lì faceva troppo caldo in questi giorni per passeggiare negli splendidi colli nei dintorni del ramo del Lago che volge a mezzogiorno. sogno

Ci ho provato il primo giorno, prendendo la mulattiera infestata da zanzare che porta su ai mille metri del colle di Sogno, e ho passato il resto del pomeriggio ben poco Desto.

25 foto da Carenno

Per fortuna che avevo il Libro con me. Libro che avevo comprato alla Libreria dello Sport il giorno prima, tornando a visitare uno dei santuari dei tempi della mia tesi di laurea, che per fortuna non ha chiuso, come ricordavo di aver letto da qualche parte.

E’ da quando ho preso il mio primo ebook reader nel 2011, e forse prima, che non compravo un libro cartaceo, ma The Voice valeva bene un ritorno alle origini. The Voice, per chi non lo conosce è Flavio Tranquillo, che nella mia vita passata da aspirante giornalista sportivo era il mio idolo, insieme al Paolo Condò di cui sopra.

Il ricordo più bello che ho di lui è di quando faceva il radiocronista. Soprattutto di una partita. L’anno era il 1987, la radio era Peter Flowers (credo), la partita Tracer Milano-Avversario dimenticato (ricordavo Reggio Emilia, ma risulta retrocessa l’anno prima), decisa  da due tiri liberi allo scadere di Paperino Montecchi, al debutto con l’Olimpia, proveniente da Reggio Emilia.

Se ricordo bene il punteggio finale fu 70-69, mentre sono sicuro di un particolare non secondario: non era la finale di Coppa dei Campioni, quella l’avevamo (noi, Olimpia Milano) vinta qualche mese prima e l’avremmo rivinta qualche mese dopo, ma la prima giornata di campionato.

Ecco, l’emozione che mi trasmesse, la passione assolutamente folle e inspiegabile nel vivere insieme un evento che nello schema generale delle cose contava quanto una partita di Coppa Italia, mentre qualche metro più in là la tua ragazza ti invita a un concerto dei Simple Minds (cit.), aggiunta al fatto che ai tempi per me il basket era al 4° posto delle mie gerarchie di tifoso-appassionato di sport, dietro il Milan, il calcio che giocavo, e il calcio che guardavo (il mio cuore di tifoso era davvero enorme comunque), può dare un’ideina, forse, della sua capacità di coinvolgerti.

Certo aiutò a creare sintonia il fatto che entrambi eravamo tifosi di una delle due squadre in campo. E’ curioso come Tranquillo, nomen omen per il suo modo di ragionare e analizzare fuori dalle telecronache, (dove invece i detrattori lo accusano di essere un esaltato sempre sopra le righe) (ma non ci vuole la sensibilità di Proust per distinguere un amore sincero da un manierismo oggi imperante in nome dell’odiens), sia per me al momento un simbolo di un approccio appassionato quanto razionale, competente, equidistante e autoironico (una delle parti più belle del libro è di quando racconta le sue gaffès da intervistatore), mosca bianca in un mondo in cui regnano affarismo e approssimazione, sensazionalismo e banalità.

Ecco, nonostante tutto, io l’ho conosciuto come un proto cronista tifoso, la specie oggi più diffusa e nefasta non solo nei media sportivi, ma allora fuori dagli schemi dei formalismi del tempo.Carenno

Come sa chi lo conosce bene o ha letto il libro, il Nostro in realtà ha espresso la sua passione per il Gioco in ogni modo possibile: come allenatore, arbitro, radio, tele cronista, produttore, scrittore su ogni tipo di supporto, non c’è angolo in cui non si è cimentato e ci ha omaggiati di qualcosa che è rimasto nella storia di appassionati e non solo.

Ai più Flavio Tranquillo è famoso per le telecronache, soprattutto quelle NBA in coppia col compare Federio Buffa, un altro il cui valore di cantastorie ha trasceso la nicchia sportiva, per farne uno dei cantori più luicidi e divertenti del nostro tempo.

Ma per leggere e apprezzare Flavio Tranquillo, essere appassionati di pallacanestro aiuta, certo in proporzione un nano miliardesimo di quanto può aiutarti lui a capire ed amare l’atletica giocata (cit.), ma non è conditio sine qua non, basta essere curiosi di bella scrittura ed evoluzione del linguaggio, per divorare le pagine di questo libro.

Oppure cercare dei valori di moralità (che è ben diversa dal moralismo) e giustizia, che a partire da un gioco ci aiutino al rispetto del prossimo, della Verità, e soprattutto di noi stessi.

Purtroppo passando solo pochi giorni all’anno in Italia da ormai un decennio, ho goduto solo minimamente delle loro voci, proprio in questi anni in cui l’NBA (nella sua globalità, anche se per certi giocatori, come quello che fa gli anni oggi, o certe squadre ho un affetto particolare) ha superato il Milan nella mie gerarchie di oggetto di passione, che nel frattempo da tifo sviscerato è diventato una passione il più possibile distaccata e possibilmente consapevole.

Visto che anch’io sono passato per anni in cui la passione era diventata anche il mio lavoro, e ho scoperto un mondo più importante fuori da quello che gira attorno a una palla, sia essa di cuoio o a spicchi, cosa che sembrava invero impossibile tanto a me che a Quieto62, negli anni di beata gioventù.

Sarà per questo che nonostante le mie massicce dosi quotidiane di Espn e Grantland, Woj-bombs e analytics sui vari blogs, a fine stagione le immagini più significative che mi restano non sono propriamente tecniche.

E se l’anno scorso la catchphrase riassuntiva per me fu

“He’ll be fine.. or… he is out for the rest of the playoffs”

di Guru Popovich, di cui ho già parlato da queste parti, il mantra che che mi risuona nelle orecchie in questi giorni è di Curry, ma non Steph (certo, alcuni suoi crossover mi mandano in sollucchero ogni volta che li visualizzo), bensì dell’adorabile Riley, che mentre il Papi cerca di spiegare ai giornalisti la poesia del suo basket, con la saggezza dei suoi 2 anni, gli ricorda qual è l’atteggiamento più puro da tenere nei confronti delle cose più belle.

Be quiet, Daddy.

Be Quieto, Flavio Tranquillo. In attesa del prossimo tiro, prossimo giro e prossimo regalo.

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Foto da Gran Canaria

  1. Ho letto il libro poco dopo la sua uscita. Niente male il contenuto, ma la prosa a volte un pò da rivedere. non sempre facilissimo, con qualche sentence lunga e rindondante come a volte ne mette nelle sue telecronache. Purtroppo per iscritto è un poco più difficile da seguire che in vitro.

  2. Sono d’accordo sul fatto che il meglio lo dà con la sua voce, così come sul fatto che non è sempre facile da seguire (è un’altra critica che gli viene fatta spessa e in cui spende diverse pagine del libro a giustificarsi sul perché in telecronaca non c’è tempo per spiegare tutto), personalmente però non mi dà fastidio.
    Sicuramente questo linguaggio spesso “iniziatico” è anche uno dei motivi per cui si è creato un “culto” tra gli appassionati. E come sempre in questi casi il problema non sta tanto nel suo stile, quanto in chi vuole imitarlo

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