Foto: boorp

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Da quasi un mese condivido casa con una norvegese che sembra dire tutte le cose giuste, ma sempre nel modo sbagliato. Un po’ come i tedeschi con la Grecia. Fino ad arrivare a capire che la loro presunta moralità è solo infelicità repressa.

Premesso che ho sempre considerato le società scandinave come le più avanzate al mondo e premesso che io stesso sono una persona che si pone degli standard molto elevati e tendo a essere insofferente verso gli altri, ma assistere all’atteggiamento della Germania verso la Grecia, molto simile a quello che ha questa ragazza nei miei confronti (mai un sorriso, se mi rivolge la parola è per lamentarsi, il costante mettersi su un piedistallo anche quando, il più delle volte, dice cose assolutamente condivisibili), mi ha fatto riflettere.

Agli estremi dello spettro ci sono i razzisti intolleranti a parole e nei fatti da una parte e dall’altra quelli che aiutano il prossimo a parole nei fatti. Ma la gran maggioranza delle persone è su posizione ben più ambigue, da quelle che a parole dicono sempre la cosa giusta, ma rimangono merde dentro, a quelli che dicono una marea di stronzate, ma nei fatti non sono poi così stronzi.

Leggevo questo articolo su MicroMega:

Uno dei più frequenti, e stupefacenti, fenomeni della storia umana è la prevaricazione esercitata sentendosi vittime. (…)  è assai istruttivo il rendiconto che Jacob Soll ha pubblicato sul New York Times di un convegno di economia tenutosi a Monaco di Baviera all’inizio di luglio (…)

Mentre per tutto il convegno l’atmosfera era stata equilibrata, “quando gli economisti tedeschi presero la parola nella sessione finale, un tono completamente diverso prevalse nella sala. Dietro le teorie economiche e dietro i numeri venne un messaggio morale: i tedeschi erano gli onesti gonzi e i greci corrotti inaffidabili e incompetenti. Ambedue le parti erano ridotte a caricature di se stesse: questa storia l’abbiamo sentita durante tutte le trattative, ma in quella stanza era chiaro quanto grande fosse il risentimento che plasma le opinioni degli economisti tedeschi”.

(…) dove l’aggettivo “tedesco” non riguarda i singoli cittadini della Germania, ma designa lo Stato e il governo politico ed economico tedesco, la classe dominante tedesca. Esattamente come, quando si parla di “imperialismo americano”, non si attribuiscono certo mire imperialistiche a una ragazza madre di un ghetto urbano statunitense.

Quanto ai greci, ho un altro ricordo personale, proprio durante il mio tempo in Germania, lavorando nel Bed & Breakfast, dove c’erano clienti fissi che in pratica ci vivevano. Tra questi un greco che inizialmente era talmente arrogante, che dopo un mese chiesi alla mia capa di mandarlo via. Lei ci provò, ma senza riuscirci, perché il ragazzo era disperato e dopo questo episodio imparammo a convivere fino al punto che è stato l’unica persona, insieme ad un nero londinese di famiglia giamaicana, con cui sono uscito fuori dal lavoro.

Anche se era immigrato in Germania da anni, T. rimaneva il classico greco: cialtrone, strafottente, immaturo, ma umano e sincero, e ultimamente una compagnia più gradevole, per esempio del 50enne ingegnere con cui chiacchieravo a colazione, ecologico, impegnato, ma stressatissimo dal troppo lavoro e sempre incazzato col mondo.

Ecco, i nordici hanno raffinato la comprensione razionale del mondo a livelli ineguagliati da altre civiltà, ma nel far ciò si sono allontanati dal percepire e attuare nella realtà vera. La loro tolleranza si esprime in leggi e concetti, e anche in atti esterni, ma quasi mai in un atteggiamento umano. E aldilà delle parole, le persone queste cose le sentono e si comportano di conseguenza.

Il più delle volte la loro è una tolleranza di facciata, per carità non che non sia importante avere delle leggi che favoriscano l’uguaglianza, ma il loro atteggiamento personale rimane di distaccata superiorità, che spesso è incrementata, anziché ridotta, dalla coscienza di sapere cosa è giusto fare.

Al contrario, il mediterraneo ignorante, nei fatti si comporta spesso in modo più umile e tollerante. Quando ho letto questo articolo di Leonardo Coen, che esprime più o meno questo sentimento, mi sono incazzato: mi sembra privo di argomenti, e non voglio giustificare certi atteggiamenti nostrani scaricando la colpa sugli altri. Ciò nondimeno, non ha tutti i torti.

Per capire l’errore in cui cadono le persone nordiche forse aiuta seguire La Via dello Zen e leggersi ed ascoltare Alan Watts. Per esempio:

Una volta uno studente di zen recitò al maestro un’antica poesia buddista: “Il vociare dei torrenti è articolato da un’unica grande lingua, i leoni delle montagne sono il puro corpo del Buddha”. “È giusto vero?” aggiunse. Il maestro rispose: “Sí, lo è, ma è un vero peccato dirlo!”.

Ma non prenderla come indottrinamento religioso, infatti:

Il buddismo zen è una pratica e una visione della vita che non appartiene a nessuna categoria formale del moderno pensiero occidentale. Non è una religione, né una filosofia.È un esempio di ciò che in Oriente è noto come una “via di liberazione”, analogo in questo al taoismo, al vedanta e allo voga.

Queste filosofie orientali hanno in comune un approccio opposto alla razionalità del pensiero occidentale: invece di cercare di comprendere e catalogare il mondo, ci indicano quello che la realtà NON è. Per questo all’origine c’è il Wu Chi, il mondo è Maya, illusione, per questo tanto più ci affanniamo a comprendere e catalogare la realtà, tanto più ce ne allontaniamo.

Sembra di sentire gli Ossi di Seppia di Montale, “Non chiederci la parola“:

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

Questo è il problema di questa gente: la loro superiore comprensione intellettuale li ha allontanati dalla verità ultima e resi più infelici.

E mentre scrivo questa frase, la mia coinquilina ha chiuso la porta del bagno di servizio, inconsapevole che avevo messo la chiave nell’interno. Adesso è bloccata, e mentre mi sta maledicendo con tutta la sua rabbia, non si rende conto, poverina, che lei, la sua rigidità, il suo aver instaurato un clima di polizia perenne, è stata la causa di questo incidente, ben più della mia ignoranza nel sapere che quella porta chiusa dall’esterno non si apriva senza chiave.

ps: Si le ho già detto proprio ieri, che a fine mese me ne vado