Lo scorso mese di dicembre a Cali riflettevo sulla mia particolare routine di quei giorni, e che anche se parlavo spagnolo tutto il giorno, leggevo soprattutto in lingua inglese e mi ero appena messo a studiare il giapponese, continuavo comunque a pensare in italiano.

Perchè mi ero messo a studiare il giapponese? Perchè il 12 marzo, se shintozen vorrà, mettero finalmente piede nel paese del Sol Levante.

Sono tante le cose che mi hanno sempre attirato del Giappone. Il mix di affascinanti tradizioni millenarie e di ipertecnologia modernità. I samurai, le geisha, i tatami, il karate, il karaoke. Il tamagotchi e lo shinkansen. Lo shiatsu e gli onsen, il buddismo e lo zen.

Hattori Hanzo, Takaya Todoroki, Mimì Ayuara, Takeshi Kitano, Haran Banjo.

I cartoni animati, gli anime e i manga che tanto hanno influenzato la crescita di ogni ragazzo della mia generazione. La divina cucina, che considero inferiore solamente a quella italiana. Sashimi e Sake, Sushi e Tempura, e molto di più. La lingua, con la sua divertente musicalità e i suoi tre alfabeti. Le stravaganze di Mai dire Banzai. Le mille luci di Tokyo, Kyoto e i suoi templi, una bachata in Fukuoka, Okinawa e i suoi ultracentenari.

Pur con oltre 10 anni di attività nomade alle spalle, ho continuato a rimandare il viaggio in questa nazione soprattutto per motivi economici. Anche se non proibitivo come ai tempi della lira, il Giappone rimane costoso, soprattutto se uno vuole fare quelle esperienze uniche che si possono fare solo in Giappone: tipo mangiare la bistecca Kobe o un sushi così speciale aspettandoti di pagare almeno 100 euro di conto. Inutile girarci intorno: a meno di essere milionari, questo è un posto che sembra adatto più a una breve vacanza che a un backpacker che viaggia a lungo e al risparmio, come sono stato io in questi anni.

Quale momento migliore per andarci quindi se non adesso, che inizio a sperimentare sul serio quanto è duro trovare un lavoro al punto in cui sono oggi e i miei risparmi cominciano a scarseggiare? Questo potrebbe essere l’ultimo sfizio che mi tolgo, almeno per un po’ di tempo. O l’inizio di un vero vagabondaggio, di cui il decennio scorso è stato solo un antipasto, chissà.

Come la destinazione che ho scelto, questo viaggio per me è un ritorno al passato e allo stesso tempo una proiezione nel futuro. Dopo anni in cui mi dirigevo in un posto con le intenzioni di mettere radici, in Giappone vado solo con l’intenzione di fare il turista per un paio di mesi. E’ utopistico cercare lavoro in un mercato così competitivo e senza parlare la lingua. E’ anche autolesionistico pensare di volerci stare a lungo, visto che tra giapponesi e gaijin, gli stranieri che quasi mai riescono a integrarsi con i locali nonostante i migliori sforzi, sembra una gara a scappare da questa terra così attraente e repulsiva allo stesso tempo.

Allo stesso tempo comincia per me un nuovo modo di viaggiare, in cui cercherò di camminare più che posso e di stare lontano dalle mete turistiche. Parto con l’intenzione di cogliere ogni possibilità di fare volontariato e wwofying, a partire dalle zone colpite dal devastante tsunami di un anno fa, ma soprattutto in paesini che non trovi sulle guide. Di fare trekking per settimane sul Nakasendo trail e dovunque mi porterà l’ispirazione, di dormire il meno possibile in strutture turistiche, optando invece per il campeggio, meglio se into the wild, o i servizi di ospitalità come couchsurfing.

Anche se ho viaggiato tanto, sono cose che non mi sono potuto permettere se non per pochi giorni, perchè dovevo lavorare o cercare lavoro. O semplicemente non ero pronto per la vera avventura, concentrato com’ero su un luogo da poter chiamare “la mia nuova casa”.

Sto investendo in attrezzatura tecnica: mi sono appena comprato un paio di leggerissime Vibram 5 fingers Trek sport con le quali conto di farci di tutto, non solo trekking e correre. Per la tenda e attrezzatura varia di trekking, o la mitica Scottevest, ci sto lavorando e accetto suggerimenti: per una volta non cerco il modello più economico, anche se non sono disposto a spendere fortuna, ma più sono leggeri e versatili e meglio è.

Ho voglia di avventura, quella vera. Di ricominciare a godermi la giornata senza preoccuparmi troppo di quel che farò domani, come quando avevo cominciato a viaggiare. In questo il Giappone spero solo sia il primo di tanti posti che mi accingo a visitare con uno spirito nuovo.