Il Centro di meditazione di Suan Mokkh

Il Centro di meditazione di Suan Mokkh

Il mio 8° ritiro di meditazione, a Suan Mokkh, è stato il primo che non ho concluso. Sono rimasto 8 giorni e mezzo, ma se non mi fossi ammalato, probabilmente avrei resistito di meno. Nonostante ciò ho ottenuto quello che volevo.

Quello che ho appena fatto ha Suan Mokkh è stato il mio ottavo ritiro di meditazione. Questi i precedenti.

La storia dei miei ritiri di meditazione

1°) 27/12/2008 – Pitsanulok, Thailandia, Vipassana Goenka,

2°) 17/3/2009 –  Agama hall, Ko Phangan, Revealing the Spiritual Heart

3°) 26/12/2009 – Monte Verità, Svizzera Italiana, Vipassana Goenka

4°) 10/7/2012 – Wat Khao Tham, Ko Phangan, Traditional Theravada

5°) 6/11/2013 – Pomona, Queensland, Australia,

6°) 1/6/2014 – Agama hall, Ko Phangan, Serpent Power Kundalini, (8 giorni)

7°) 8/3/2015, Deganya Bet – Israele, Goenka, Satipassana Suttha (8 giorni)

8°) 1/1/2018 – Suan Mokkh, Thailandia, Traditional Thervada

A questi ritiri possiamo aggiungere il viaggio con Avventure nel Mondo in Nepal a Dicembre 2017, che doveva essere un corso di meditazione e si rivelò ahimè invece una serie di lezioni di buddhismo di un monaco tibetano.

Poi i 10 giorni al Monastero di Tam Wua ad agosto 2012, un mini ritiro Hridaya di 3 giorni nel giugno 2014, e il periodo da servitore ai corsi Vipassana in Australia nel Novembre 2013 (subito dopo il ritiro) e in Calabria nel Novembre 2015, subito prima di andare in Portogallo.

La storia del mio ritiro di meditazione a Suan Mokkh

Dopo un viaggio di 7 ore in terza classe (il che vuol dire finestrini giù per non morire dal caldo, ma tanta aria che ti arriva in faccia) sul treno che da Phattalung mi ha portato a Chaiya alle 15.00 del 30 Dicembre, un’ora di ritardo rispetto al previsto, io e l’unica altra persona scesa alla fermata ci siamo accordati per pranzare in paese prima di andare al Centro di Meditazione.

La ragazza sembrava tedesca, ma era spagnola e parlava italiano. Appena ci siamo seduti al ristorante ha cominciato a piovere a dirotto e non ha smesso fino a dopo le 5. A quel punto era troppo tardi per raggiungere il Centro, dove non ti ammettono passato il tramonto.

Così abbiamo fatto rotta verso l’hotel più economico del paese, forse anche l’unico. E per ragioni di budget abbiamo condiviso l’unica camera economica rimasta. La notte era fresca, ma umida e lei ha voluto dormire col ventilatore acceso.

Io le ho cavallerescamente lasciato l’unica coperta in dotazione e mi sono riparato col pareo, ma la mattina mi sono svegliato infreddolito, dopo una notte quasi insonne.

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Era il presagio di una di quelle influenze che ti capita ogni due tre anni e per cui ci vuole una settimana buona solo per guarire e un’altra per riprendere il livello di energie abituale. E così è stato grazie anche alla seconda notte consecutiva insonne, la prima al Centro, dormendo sul cemento e il cuscino di legno.

Malattia e Lucidità

Da un lato non c’era posto migliore per recuperare da una malattia come Suan Mookh. A parte il piccolo dettaglio del giaciglio un po’ scomodo (migliorato al 5° giorno quando sono riuscito a recuperare un cuscino di meditazione resituito da qualcuno che aveva abbandonato il ritiro), potevo usare le sorgenti termali.

Inoltre senza distrazioni, con l’aria e il mangiare sano, c’erano le condizioni ottimali per la convalescenza.

Dall’altro una pratica che è basata sulla respirazione diventa praticamente impossibile quando il naso cola incessantemente o non riesci a respirare per il catarro che hai dentro. Mi ha salvato la lota di viaggio e il lavaggio del naso fatto anche tre volte al giorno con le acque termali.

Cosa mi è piaciuto di Suan Mokkh

Tutti i ritiri in cui ho partecipato, sono stati in posti stupendi. Ma nessuno incredibilmente bello come Suak Mokkh, con le terme e il laghetto. Certo con una dose non indifferente di formiche e zanzare aggressive, ma è la natura e sono stato in centri dove la presenza di insetti e serpenti era ben più evidente.

Inoltre il prezzo richesto per il ritiro, 2.000 baht all’iscrizione non rimborsabili, che al cambio attuale sono poco più di 50€ è davvero alla portata di chiunque.

Un’altra caratteristica unica e positiva rispetto agli altri ritiri a cui ho partecipato è stata la possibilità di leggere libri relativi alle letture nei momenti di tempo libero.

Cosa non mi è piaciuto di Suan Mokkh

Mi aspettavo un programma simile a quello di Wat Khao Tham, il ritiro migliore tra quelli che ho fatto. Ma che differenza fanno gli insegnanti, a parità di tecniche! Li c’era una coppia di occidentali con cui ti potevi identificare nei loro discorsi. Qui c’è stata una serie di letture dogmatiche ed esegetiche, inutili e snervanti.

Tempo infinito perso a spiegare che la tal parola Pali in Thai viene tradotta in un modo e in inglese si potrebbe tradurre in quest’altro, ma con sfumature differenti. Ma chissene frega che Suan Mokkh nella lingua di Buddha è Chittammuoch e i Thai lo pronunciano SuanMò? E moh?

Pesantissime poi anche le riflessioni sul cibo prima dei pasti. A parte che questo è l’unico centro dove si inizia a mangiare tutti insieme. Così passano almeno 20′ da quando sei seduto con la tua scodella piena a quando puoi cominciare a metterti in bocca il contenuto. E devi anche subirti discorsetti mortificanti discutibili nella sostanza e indiscutibilmente fatti nel momenti sbagliato.

Inoltre Suan Mokkh attrae da anni curiosi non preparati veramente a fare un ritiro di meditazione, che arrivano poco motivati e ovviamente questo crea un clima generale dannoso.

Così, oltre ad avere un tasso di abbandono prima della fine di circa il 30% (mentre negli altri casi è solitamente inferiore al 10%), c’è stata una continua mancanza di rispetto delle regole, e un menefreghismo di chi dovrebbe guidarci, che scoraggerebbe anche chi ha le migliori intenzioni e la volontà più ferrea.

La verità sui ritiri di meditazione

In retrospettiva devo ammettere che in parti variabili, è stato così per ogni ritiro in cui ho partecipato. Ma mai come a Suan Mokkh, la meditazione è stata di fatto secondaria e quasi solo un pretesto alla propaganda buddhista.

Nonostante i responsabili del corso ripetessero in continuazione che il Buddha insegna che bisogna trovare la verità dentro di noi e non credere acriticamente a verità rivelate da altri, nemmeno a quello che dice lui stesso. Ma poi si contraddicevano continuamente con inutili ripetute agiografie sul Buddha stesso o al monaco che ha fondato Suan Mokkh.

Perché tutti dovrebbero fare un ritiro di meditazione all’anno

Nonostante considero Suan Mokkh il peggior ritiro a cui ho partecipato (non di meno nel Centro più bello!). Nonostante non ho ricevuto illuminazioni particolari, che razionalmente sai non ti puoi aspettare, ma sotto sotto ci speri sempre.

Pur avendo avuto la realizzazione definitiva che non ho più niente da imparare sulla meditazione in ritiri di questo tipo. (Anche se anche stavolta ho scoperto inaspettamente un paio di dettagli tecnici importanti e quindi quel ho appena detto forse non è vero).

Ho ottenuto esattamente quello che cercavo da questo ritiro. Ovvero una settimana almeno di distacco dalle (per fortuna poche nel mio caso) routine schiavizzanti della mia vita quotidiana.

Niente internet. Niente computer. Niente telefono cellulare. Niente discorsi e chiacchiere inutili. Niente cibo spazzatura. Niente caffè. Niente alcool. Niente sesso.

Perchè

L’omm’ ca po fa a meno ‘e tutt’ cos’ nun ten’ paura ‘e nient’

E fa niente se, per continuare a citare il guru Salvatore Conte, per quel che mi riguarda il buddismo sta alla meditazione come

Ho fatto il tagliando alla macchina della mia mente. Ed è un lusso e una fortuna che pochi hanno e scelgono.

E anche sto ritiro..

La notte del 7° giorno continuavo a ripetermi soddisfatto con la voce dello Zampetti (anche se in realtà la battuta non è sua), che nonostante le sofferenze fisiche e le insofferenze mentali, “E anche sto ritiro, ce lo siamo tolti dai coglioni”.

La mattina dell’8° giorno come mi è successo in ogni altro ritiro, ho assaporato quella felicità calma di chi sta così bene nel momento presente da non avere niente da chiedere. Quella sensazione che viene oltre quella gioia che fa male di più della malinconia e che mi ha fatto capire che era il momento di andarmene.

Ho deciso di prendermi la giornata per riflettere su quel pensiero mattutino, ma il dubbio lo ho sciolto quasi subito. Quando ho scoperto che il 9° giorno, anzichè dedicato a rompere momentaneamente il silenzio per condividere opinioni con gli altri partecipanti e cominciare a riabituarsi a tornare nel mondo, era il “giorno da monaco”, senza letture e con unico pasto a colazione.

Il pomeriggio ho chiacchierato alle terme con un altro paio di “dissidenti” che casualmente erano anche i miei vicini di stanza. Uno dei due se ne è andato con me il giorno dopo. L’altro è rimasto perché non aveva soldi.

Sono stati 8 giorni e mezzo, in omaggio a Fellini.

Anche se, aggiungendo il giorno della vigilia, detto il giorno 0, passato quasi interamente a Suan Mokkh, i giorni sono 9 e mezzo. Ed è quindi anche un omaggio a Kim Basinger.

La meditazione e lo studio della mente però sono troppo affascinanti per lasciarli a qualche religioso di buona volontà, ma poca conoscenza.