La mia vita nomade è cominciata per pura casualità. Nell’aprile 2003 cominciai a lavorare come community manager della Gazzetta dello Sport. Per motivi legali (ero un co.co.co. e non avevo diritto di lavorare in redazione), lavoravo da casa e sinceramente la cosa era piuttosto noiosa.
Ai primi di dicembre 2003 mi trovai ad affrontare un trasloco: con mia madre ci spostavamo in una casa più piccola nello stesso isolato, ma ugualmente per la burocrazia Telecom ci venne detto ci sarebbero volute almeno un paio di settimane, prima di poter avere internet nella nuova casa.
Così chiesi ai miei capi se potevo lavorare in redazione almeno per un paio di settimane e mi fu risposto freddamente che dovevo arrangiarmi. Anche se sul momento li ho maledetti, non li ringrazierò mai abbastanza per la loro rigidità. Siccome ai tempi gli internet point costavano 4 euro all’ora ed erano frequentati solo da gente poco rassicurante, decidetti di mandare a fanculo tutto e tutti e prendermi una settimana di vacanza non annunciata. Senza internet e senza poter entrare in redazione, poco importa che vada in un internet point di via Padova a Milano o in qualunque altra città.
Così appena completato il trasloco mi comprai un last-minute per Gran Canaria. E mi resi conto che nell’oretta o due mattutina e nello stesso lasso di tempo pomeridiano che passavo all’internet point, concentrato e con il desiderio di ottimizzare il mio tempo, riuscivo agevolmente a svolgere il mio lavoro di routine, che a casa mi prendeva spesso ben oltre le otto ore canoniche.
D’altronde la maggior parte degli impiegati in un ufficio lavora veramente al massimo la metà delle otto ore che le tocca passare nel luogo di lavoro. Allo stesso modo, mentre a casa mia passavo la giornata davanti al pc, anche se perdevo ore in cazzeggio, andando all’internet point la mia produttività era estremamente efficiente.
Al quarto giorno passato al mare col 25 gradi, mentre a Milano nevicava, ero già talmente a mio agio con questo stile di vita che decidetti di prolungare la mia vacanza non ufficiale e non dichiarata per un’altra settimana, anche se nel frattempo mia madre mi aveva avvisato che internet nella nuova casa era già attivo.
Mi spostai dalla troppo turistica Maspalomas a un ostello a Pozo Izquierdo, capitale del windsurf. Avevo già 32 anni e non mettevo piede in un ostello della gioventù da quando ne avevo 21. Ancora non potevo immaginare che negli anni seguenti gli ostelli di tutto il mondo sarebbero diventati casa mia.
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