Per un paio di settimane condivisi una cabaña con questo barbuto ragazzo, tanto intelligente quanto schivo, che scoprì in seguito, essere il nipote di Ernesto Che Guevara.
Nel gennaio del 2011, appena arrivato alla indimenticabile Finca Zopilote, nell’isola di Ometepe in Nicaragua, vidi una ragazza circondata da una luce talmente forte da sembrare artificiale. Non era bellissima Katherine, ma aveva un’aura così intensa, che il paesaggio attorno cambiava a ogni suo passaggio.
Me ne invaghii subito, ma come succede il più delle volte, dopo uno scambio di massaggi (al tempo era la nostra professione per entrambi) e qualche illusoria tenerezza, si gettò nelle braccia di un bel portoghese.
Quando la vidi per la prima volta, Katherine from Iowa era in compagnia di un’altra ragazza e di uno strano barbuto dall’aspetto tormentato. Tanto Katherine mi attirava, quando questo barbuto a cui entrambe le donne sembrava girassero inspiegabilmente intorno, mi diede una sensazione iniziale di repulsione.
Mi incuriosì però che Canek, questo il suo nome, si presentò come uno scrittore e giornalista “medio cubano e medio mexicano“. I primi giorni non ci parlammo quasi per nulla, fino a quando, di ritorno da Granada dove avevo un cliente, lo incontrai solo nel bus che dalla capitale di Ometepe portava a Zopilote.
Mentre Katherine, che a dirla tutta era un po’ (un po’ tanto) pazza, si allontanava da entrambi, io e Canek diventammo amici e ci ritrovammo a condividere una cabaña per un paio di settimane.
Tanto intelligente e colto, quanto schivo e recalcitrante a parlare del suo privato, Canek mi disse, tra lunghi e raffinati discorsi sui massimi sistemi, spaparanzati sulle amache del patio della nostra cabaña, e in compagnia di Maria (non l’altra ragazza che stava con lui, che era una sua fan in cerca di amore non corrisposto. A farci compagnia era Maria Salvador, Ohi Maria), che era già qualche anno che girava per l’America Latina, scrivendo una rubrica settimanale per una rivista messicana.
Mi disse che passò parte della sua infanzia anche a Milano. Non amava Cuba, da cui mancava da parecchi anni e di cui mi confessò la voglia di tornare per incontrare vecchi amici, ma aveva paura che non gli avrebbero concesso il visto o peggio, non lo avrebbero lasciato più uscire.
La rubrica di viaggi di Canek si intitolava “diario sin motocicleta“, e considerando che mi aveva detto che il suo nome completo era Canek Sanchez Guevara, lì avrebbe dovuto accendersi una spia, che però non si accese.
Da fuoriclasse della distrazione che sono, persi il suo contatto pochi giorni dopo che lasciai Zopilote, prima di essermelo segnato. Così chiesi a google, trovai la sua rubrica in rete e scoprii anche che il titolo “diario sin motocicletas” non era buttato a caso, ma era un omaggio e allo stesso tempo una presa di distanza, dai diari di suo nonno Ernesto, mondialmente conosciuto come “Che”.
Riuscii così ad ottenere la sua mail, ci facemmo amici in facebook, ci scambiammo qualche messaggio, io nel frattempo mi ero fermato a Cali e programmò di venire a trovarmi, tanto che un giorno mi scrisse:
Claudio… Un amigo me ha pedido una dirección para enviarme un par de libros desde México. Me pregunto si puedo utilizar la tuya, y cuando pase por allá los recojo. Si es así, ¿me das los datos completos? Un abrazo, nos vemos pronto
Invece in Colombia non ci arrivò mai, perché si innamorò della Ciudad vieja de Panamà e ci restò più di 4 mesi. E da lì volo diretto a Montanita in Ecuador, dove si fermò altrettanto tempo. Viaggiava con lentezza, Canek.
Il 23 maggio del 2012 gli mandai un’intervista da pubblicare su questo blog. Mi rispose il giorno stesso:
Claudio, un fuerte abrazo. En unos días te envío las respuestas. Con muchísimo gusto. Ojalá podamos encontrarnos otra vez. Quizá por asia. Suerte hermano.
Invece le risposte non arrivarono mai e dopo poche settimane Milenio Semanal, la rivista per cui scriveva, sparì dalla rete.
Per fortuna lui non era sparito del tutto e il 19 settembre mi scrisse
Todo mal… estoy en Panamá, y como ves, sin trabajo. Espero volver pronto a México a buscar otra cosa. Por acá imposible. Abrazo.
E questa fu purtroppo l’ultima volta che ci parlammo.
I suoi diari sin motocicletas erano fermi e i suoi aggiornamenti in facebook molto sporadici.
Non sono tipo che cerca troppo le persone, soprattutto quando inizia a farsi menate del tipo “lo sto facendo più perché ho scoperto chi è o per il ricordo del tempo passato insieme ad Ometepe?”, e così lo dimenticai.
Fino a ieri sera, quando a fine cena al ristorante colombiano, mentre parlavo con la mia guida materiale, mi appare questo messaggio sul muro di Facebook
En una de las ultimas conversaciones que tuve con Canek, hemos hablado de la muerte de Malcolm Shabazz, el nieto de Malcolm X, y Canek me conto que fue asasinado en el mismo barrio de Ciudad de Mexico donde vivia Canek. Desde 2007 tenia contacto con Canek. Vivimos en Espania a la vez, casi lo conocia en Barcelona, tenia planes para ir a Mexico pero no podia conocerlo personalmente a tiempo. Aunque murio hace varios meses me di cuenta de su muerte hace poco y me da mucha tristeza. Como su abuelo era un hombre de principios, murio joven, su abuelo el Che a los 39, y el a los 40. En uno de los ultimos mensajes que mande a el decia, has vivido mas que tu abuelo. Sabiendo algo de su pensamiento, creo que eso hizo el pensar mucho. Quiero que ustedes sus familiares y amigos sepan que este hijo de peruano, aca en el imperio de Estados Unidos, esta muy triste por su muerte, y que planeo publicar gran parte de nuestra correspondencia durante casi una decada.
Chiesi conferma alla mia guida se avevo capito bene, ma una veloce guglata mi tolse ogni dubbio.
Come tanti di cui ho perso le tracce, Canek era e rimane un amico. E apprendere della sua morte in questo modo e a 9 mesi di distanza non ti fa stare bene.
Fisicamente eri proprio brutto e maledetto Canek, ma eri una gran bella persona.
En cuanto a mí… ¿qué puedo decir? Sólo soy un egoísta que aspira a ser un hombre libre. Un egoísta que sabe que el Egoísmo nos pertenece a todos y que éste ha de ser solidario si se quiere pleno: en otras palabras, que mi libertad sólo es válida si la tuya también lo es, si mi libertad no aplasta tu libertad ni la tuya a la mía.
http://www.diariodecuba.com/cuba/1421843452_12436.html
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